Lector in fabula

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L'espressione di Sartre con la quale viene presentato questo ambiente di lavoro collaborativo - "Comprendere è farsi modificare" - rimanda a un significato profondo del termine Comprendere e del Cambiamento conseguente alla comprensione dei testi (e delle persone!).

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Se all’inizio della mia carriera di insegnante arte e letteratura erano per me espressioni di civiltà che avevano bisogno di essere spiegate, ‘difese’ da una visione più generale che le inquadrasse in una teoria, successivamente e poi per sempre mi sono convinto del fatto che in esse sia presente pensiero, che siano veicolo di pensiero. Non le avrei più ricondotte a una visione del mondo, di cui non avevano bisogno per sussistere ed esprimere senso. L’ideologia degli Autori, le loro idee su arte e società, la poetica sono sempre intrise di pensiero. La stessa opera contiene sempre tracce esplicite di pensiero. Gli scrittori che hanno riservato ampi spazi alla poetica programmatica, come Leopardi, ci hanno lasciato monumenti di filosofia che non abbiamo mai smesso di studiare. Più recentemente, i rapporti tra pensiero e poesia sono diventati luoghi frequentatissimi per tutti gli studiosi e gli insegnanti. Un’opera in dieci volumi per la scuola, che comparve nel 1981, mi introdusse all’idea che la letteratura è strumento di conoscenza. A me piace aggiungere: della realtà, della realtà dell’anima. Allora, leggere i classici italiani e latini in classe è stato un autentico esercizio spirituale.
Leggere Dante, ad esempio, è un’esperienza esemplare per tutti, non solo per i ragazzi. Quando mi fu presentato l’Inferno – era il 1965 -, frequentavo il primo anno del triennio nel Liceo classico della mia città. Un anno dopo, partecipando a un incontro di studenti cattolici con una studiosa di Roma, mi sentii dire in mezzo allo stupore generale che sicuramente, assieme a tutti i presenti, pensavo all’aldilà alla maniera di Dante: con le fiamme dell’Inferno, la luce del Paradiso e tutto il resto. Inizialmente, mi risentii, come se ricevessi una sfida da cui non potevo uscire sconfitto: non ero così ingenuo. A pensarci bene, però, cercando nel catalogo delle idee e delle immagini, non trovai altro! Era proprio così. Soprattutto, non riuscivo a pensare il Paradiso.
Stimolata dai presenti, la studiosa non si sottrasse alla richiesta di svelare come, invece, pensasse lei l’aldilà. La risposta non si fece attendere: ci sorprese non poco sentir dire in ambiente cattolico, alla presenza di preti, che l’aldilà non aveva nessun punto di contatto con la rappresentazione dantesca. Essa era falsa. La persona che parlava ci propose semplicemente come premio l’idea della visione di Dio e la gioia che necessariamente deve accompagnare tale dono. Come punizione lei non riusciva ad immaginare se non l’assenza di tale visione e della gioia. L’infinita misericordia di Dio non avrebbe potuto fare di meglio!
Negli anni che seguirono, per ‘recuperare’ il ritardo accumulato, nel corso della lettura di Dante mi concentrai sulla rappresentazione dell’aldilà. Cosa sostituire alla concretezza delle immagini dantesche? Ma soprattutto, come immaginare premio e punizione?
Se questo è solo un esempio di quello che può accadere nel corso della lettura di un’opera letteraria importante, provate ad estendere la riflessione appena abbozzata ai classici tutti. Voglio dire che leggere i classici è misurarsi con le idee che li ‘accompagnano’. Ai miei alunni ho sempre detto che secondo Borges la Divina Commedia è l’opera d’arte più grande di tutti i tempi. Assegnare valore a un’opera equivale a chiedersi cosa essa abbia da insegnarci, al di là del suo pregio artistico.
Con Dante, ho parlato a scuola del primato dell’intelletto, della ragione morale, dell’umana capacità di discriminare tra Bene e Male: con Dante ci chiediamo sempre di nuovo cosa sia l’errore morale – non importa se lo chiameremo peccato; a che punto siamo con la lussuria, con l’avarizia, con la gola, con l’ira, con l’accidia, con la superbia, con l’invidia. Se contrapponiamo ai vizi capitali i nuovi vizi, incontreremo consumismo, conformismo, spudoratezza, sessomania, sociopatia, diniego, vuoto.
Il carattere collettivo dei nuovi vizi ci porterà ad interrogarci sulla natura personale dei peccati, sulle vie – le porte del peccato – per le quali oggi cadiamo nell’errore morale. Ci interrogheremo, ancora, sul Male, sulla sua origine e sulla sua natura. Interpelleremo la virtù – il ritorno alle virtù -, come antidoto e rimedio. I testi su peccato e virtù ci aiuteranno a gettare uno sguardo sul presente; la più chiara nozione del presente che ricaveremo ci aiuterà a ‘dialogare’ meglio con la Commedia dantesca: riusciremo a misurare la distanza che ci separa da quella rappresentazione dell’aldilà, come dalla condizione umana del tempo che corrisponde a quell’opera letteraria.
Il ‘commercio’ con l’opera dantesca illuminerà di luce nuova la nostra esperienza morale. Ci ‘allontaneremo’ da essa sicuramente per quanto riguarda i contenuti dottrinali – basti pensare al sistema astronomico tolemaico che è alla sua base -, ma non potremo fare a meno di sentire il fascino della sua coscienza, il suo senso del peccato, il suo bisogno di redenzione, il compito che si assegna di contribuire con la parola poetica alla salvezza dell’umanità. Il suo itinerarium mentis in Deum – autentico dramma dell’anima – ci vedrà pellegrini come lui, in cerca di pace e di riscatto.
La lettura ripetuta del testo nel tempo è stata accompagnata da un ripensamento continuo delle cose qui indicate per cenni – sarebbe lungo rendere conto compiutamente della riflessione che ha accompagnato la lettura di Dante nei trentacinque anni di insegnamento nei Licei -. Ogni volta, l’approssimazione alla realtà del nostro tempo è cresciuta. Ne è risultato accresciuto anche il senso della mia esistenza, in termini di consapevolezza e di sensibilità (estetica e morale).

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